Intervista ad AJ Cryboi

AJ Cryboi

Il cantante AJ Cryboi vuole portare la musica trap in una zona difficile dal punto di vista musicale come la Sicilia. La sua natura di viaggiatore lo ha portato a Bologna e a Milano per migliorare le sue conoscenze musicali.

In questa chiacchierata con AJ Cryboi abbiamo parlato del suo nome d’arte, della sua terra d’origine, del suo nuovo singolo Give me that e di molto altro!


Ciao e benvenuto AJ Cryboi! Il tuo nome d’arte ha un richiamo internazionale, da dove nasce il bisogno di definirsi come un ragazzo dalla lacrima facile?

Oggi tutti sentiamo il bisogno di sentirci diversi. Specialmente quando nella vita si decide di intraprendere una carriera artistica, è importante delineare la propria personalità ed il nome è il primo mezzo per farlo.

In un contesto musicale dove tutti “fanno brutto”, io preferisco evidenziare le mie fragilità. Perché la fragilità è una cosa che appartiene a tutti, anche a chi si dimostra forte. Il mio messaggio è sempre stato quello di accettarsi per quello che si è ed io sono questo. Vivo di emozioni forti a causa della mia sensibilità e lo considero un tratto fortemente distintivo.

La tua trap arriva dalla Sicilia, una regione dove questo genere musicale non è molto utilizzato. Cosa ti ha portato su questo percorso di note e barre?

Quando ho cominciato a fare trap nel 2015/2016, era un periodo in cui tutti suonavano con le band. Anche io ne avevo una, ma essendo cresciuto in un contesto popolare, mi rivedevo molto nelle tematiche trattate da questo genere.

Credevo che la trap sarebbe stata la nuova wave. Perciò ho basato la mia carriera in questi anni su questo genere, aprendo uno studio e accogliendo tantissimi ragazzi delle mie zone. Alcuni di questi hanno anche raggiunto grandi risultati, e altri, purtroppo, dopo aver preso da me ciò che gli serviva, mi hanno voltato le spalle.

Ti laurei in musica elettronica con una tesi sulla musica trap. In un contesto sociale dove questo mondo musicale viene sempre visto come qualcosa di negativo, tu come reagisci per difendere le tue canzoni?

Vorrei chiedere a chi critica la trap se hanno mai ascoltato “Snow” o “Under the bridge” dei Red Hot Chili Peppers (che sono una delle mie band preferite) e se sono consapevoli del fatto che si parla di dipendenze. La musica è libera ed è questo il suo scopo, però ritengo che sia un tema molto delicato promuovere la violenza nelle canzoni, considerando soprattutto l’impatto mediatico e le conseguenze che queste hanno sulle generazioni di oggi.

Probabilmente bisognerebbe mettere dei limiti di età in certi prodotti in cui si affronta la tematica della violenza in modo esplicito e quasi adulatorio, perché un bambino di dieci anni che già da piccolo viene abituato alla violenza come qualcosa di normale non è bello, anche se tante volte, chi si avvicina a questo genere vive già dei contesti in cui la violenza è considerata una cosa normale.

AJ Cryboi

Torni nel mondo della musica dopo due anni di silenzio, come ti senti a riprendere in mano il microfono e la penna per scrivere nuove canzoni?

Mi sono fermato con le pubblicazioni ma ho continuato a scrivere musica e a fare concerti. Ho più di 30 nuove canzoni selezionate e in uscita. Mi sento bene perché non poter pubblicare per un artista è quasi come essere in carcere, e adesso finalmente sono di nuovo libero.

Il tuo nuovo singolo è Give me that, descrivilo usando tre aggettivi.

Molleggiato, Psichedelico e Narrativo.

In questa canzone racconti il tuo percorso artistico inserendo i contesti di Bologna, Milano e Modica. Queste città come hanno influito sulla tua musica?

Modica è una città piena d’arte, e se hai una spiccata sensibilità, è inevitabile voler essere un artista crescendo in un contesto simile nonostante sia una piccola cittadina del sud. Modica però non è abbastanza per un artista che tende ad avere un ego smisurato.

Ciò mi ha permesso di viaggiare tanto e andare a trovare contesti diversi dal mio, come Bologna e Milano, che sono tra le più importanti città in Italia per l’arte. Ho passato quattro anni a Bologna, vivendo nel disagio e nel lusso, nella rivoluzione e nella normalità, tutto ciò ti segna profondamente. Ma la verità è che Milano è la vera capitale della musica in Italia, ed è lì che impari a giocare con i grandi e a fare sul serio.

È un brano sulla lotta contro i pregiudizi e sulla strada per inseguire i propri sogni. Cosa suggerisci a quegli artisti emergenti che arrivano dalla Sicilia come te?

La Sicilia è un posto pieno di pregiudizi, non solo nella musica, bensì nella vita di tutti i giorni. Agli artisti emergenti suggerisco di fregarsene dei pregiudizi e delle parole di chi critica per invidia, perché la volpe che non arriva all’uva dice che è acerba.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Tra i miei prossimi progetti ci sono altri undici singoli in uscita quest’anno e un album, il cui titolo sarà Ultima Spiaggia, che li racchiuderà tutti, in arrivo a novembre, se tutto va bene. Questo disco sarà molto probabilmente il mio ultimo album puramente rap, almeno per ora.

Per il dopo sto lavorando un altro album con sonorità punk rock/nu metal con la mia band, i Neurotika. Perché negli ultimi due anni, ho sentito la necessità di un ritorno alle origini.


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