Intervista a Yanna

Yanna

Yanna è una delle nuove voci che arrivano da Torino, il capoluogo piemontese è una terra ricca di giovani talenti. Il cantautore torinese dopo aver fatto diversi singoli in lingua inglese, attualmente ne ha pubblicato uno in italiano, Cosa rimane.

In questa intervista abbiamo parlato del suo nome d’arte, del suo ultimo singolo, della situazione musicale a Torino e molto altro!


Ciao e benvenuto! Il tuo nome d’arte, Yanna, è molto curioso. Come lo hai scelto?

Il mio nome d’arte è stato inventato da un mio amico quando eravamo piccoli. Lo avevo ricavato per gioco dal mio cognome ‘Giannaccari’ e da allora tutti mi hanno sempre chiamato Yanna. Così ho scelto che doveva essere quello il mio nome d’arte.

Hai iniziato la tua carriera musicale suonando con diversi gruppi musicali nei locali di Torino. Cosa ti ha portato a decidere di intraprendere un percorso solista?

Si, ho suonato per diversi anni con gruppi musicali. Dopo l’ultimo scioglimento ho deciso di intraprendere il mio progetto solista principalmente per un fatto di espressione musicale. Volevo cimentarmi da solo in un progetto e metterci tutto me stesso, creare qualcosa di molto personale. Questo è stato il motivo principale.

Yanna

Cosa rimane, il tuo ultimo singolo, è il primo singolo della tua discografia cantato in italiano. Che differenze trovi nel cantare in italiano rispetto all’inglese? L’italiano fornisce qualcosa che manca alla lingua anglosassone?

Credo che alla lingua italiana non manchi nulla rispetto alla lingua inglese. Siamo d’accordo che sotto alcuni aspetti è più ‘musicale’, ma in realtà è tutto un fattore di orecchio ed abitudine. Prima di Cosa Rimane avevo sempre scritto in inglese principalmente per un fattore di gusti musicali e appunto abitudine. Ero spaventato di cimentarmi nella scrittura in italiano, ma in realtà una volta rimosso il blocco capisci che scrivere in italiano è bellissimo. I testi oltretutto ricoprono sicuramente una parte più importante nel brano. Credo sia questa la differenza tra i brani inglesi e quelli italiani.

Tre aggettivi per descrivere Cosa rimane.

Malinconica, sincera, innovativa.

Torino è una città davvero ricca di proposte musicali per quanto riguarda la musica emergente. Qual è il segreto, la cittá fornisce una formula magica per quanto riguarda la fioritura di nuova musica?

Credo che uno dei motivi principali sia il confronto/collaborazione con altri artisti. Il fatto di potersi mettere in gioco e doversi confrontare con artisti di un buon livello ti sprona a fare sempre meglio e crescere sotto l’aspetto musicale.  Non potersi confrontare con qualcuno più bravo vuol dire adagiarsi. E adagiarsi significa non migliorare.

Yanna di Cosa rimane quanto è cambiato rispetto al Yanna di Together (il tuo singolo uscito nel 2020)?

Lo Yanna di Cosa Rimane rispetto a quello di Together è essenzialmente lo stesso, ma con un anno in più di esperienza. Nei brani cerco di mettere sempre me stesso, ciò che mi succede. Sono brani sinceri. Ogni brano racconta una storia diversa, ma sono sempre io.

A chi ti ispiri musicalmente quando componi nuova musica?

Fin da bambino ho sempre avuto tantissime influenze musicali. Sono cresciuto ascoltando il cantautorato italiano come De Andrè, Guccini, Lucio Dalla, Gino Paoli. In adolescenza ho ascoltato molto rap come Fabri Fibra, Marracash. Poi ho ascoltato tantissimo rock internazionale, dai Led Zeppelin (mio gruppo preferito), ai Guns ‘n’ Roses, ai Black Sabbath. E ovviamente ho ascoltato anche tantissimo Pop, sia italiano che internazionale. In genere cerco di attingere sempre il massimo dalla musica che ascolto, per poi cercare un mio sound originale.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Attualmente sto scrivendo nuove canzoni. Non so ancora se saranno nello stampo di Cosa Rimane poiché mi piace sperimentare e dare ad ogni canzone una propria identità, ma di certo sarò sempre io.


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