Intervista a Giuseppe D’Alonzo

Giuseppe D'Alonzo

Il cantautore Giuseppe D’Alonzo abbraccia da sempre il rock blues a cui mescola lo stile cantautorale. Con questa scelta musicale vuole arrivare ad un pubblico molto ampio anche grazie a collaborazioni con artisti italiani ed internazionali.

In questa chiacchierata con Giuseppe D’Alonzo abbiamo parlato del rock blues, dell’uso della lingua italiana per le sue canzoni, del suo nuovo singolo Mattinieri del tempo e di molto altro!


Ciao e benvenuto Giuseppe D’Alonzo! La tua musica è portavoce di un genere musicale non molto noto in Italia, ossia il rock blues. Come mai hai deciso di seguire questa strada così poco conosciuta nel nostro Paese?

Grazie per ospitarmi nel vostro spazio editoriale.

In realtà non è stata una scelta, amo il blues e il rock quindi, se vogliamo, seguo quella corrente artistica. Difficilmente faccio lavori “su commissione” oppure pensando a cosa può piacere al pubblico, sarebbe per me un fallimento in partenza.

Devo dire però che passando dalla scrittura in lingua inglese a quella in italiano, anche il sound delle mie canzoni è cambiato, è più cantautorale. Trovo questo davvero affascinante, la proiezione del rock in una lingua diversa da quella inglese genera sempre qualcosa di diverso.

Inizi la tua carriera cantando in inglese per poi passare alla lingua italiana. Credi che l’italiano sia una lingua perfetta per il mondo del rock?

A mio avviso il Rock nasce in lingua inglese e, se si vuole fare Rock puro, bisogna scrivere in quella lingua lì. Però, come dicevo poco fa, è affascinante quello che accade quando un cantautore permeato dal Rock e dal Blues inizia ad avere l’ispirazione per scrivere canzoni in lingua italiana.

La metrica è completamente diversa. E si genera qualcosa di davvero nuovo (che è diverso da innovativo) e molto intimo, un nuovo stile interpretativo se vogliamo. Abbiamo 3 grandi esempi in Italia a mia memoria, Vasco Rossi e Ivan Graziani per il Rock e Pino Daniele per il Blues. Quando, prendendo la chitarra ho scritto il primo brano con le parole in italiano, è stato un momento di svolta per me, come una rivelazione.

Ma sono certo che se fossi partito direttamente con una scrittura in lingua italiana, il risultato sarebbe stato completamente diverso. Il Blues e il Rock ti contaminano e sono uno stile di vita, non solo un genere musicale. Ed è questa maturazione che, a mio avviso, porta ad un sound diverso dalla classica ballata italiana.

Lo consiglio anche ai rapper italiani, se davvero vi cattura il rap americano iniziate a pensare e scrivere come loro. C’è una immensa cultura di strada dietro, che parte dal blues, sono i nipoti delle generazioni che migrarono dai campi di cotone del sud alle metropoli del centro/nord intonando la blue note ad ogni goccia di sudore.

Sono convinto che dopo un po’ di album in lingua se vi viene un brano in italiano avrà un sapore “diverso”.

Giuseppe D'Alonzo

Nel corso degli anni hai collaborato con nomi italiani ed internazionali come Melanie Crew, Patrizia Torrieri ed Eleonora Toscani. Come hanno arricchito la tua musica questi incontri?

Le collaborazioni con voci e artiste, quasi sempre femminili, le ricordo come momenti di bellissimo scambio emozionale. Quando scrivo un draft mi rendo subito conto se è “nelle mie corde” vocali o se, cantata da una donna, potrebbe acquisire sfumature e connotazioni ben più ricche.

In questi casi cerco la voce secondo me più adatta e propongo una collaborazione per arrivare ad un arrangiamento e un cantato finale a due voci o anche, a volte, ad una sola voce come è avvenuto con Elisa Sandrini, che possa valorizzare al meglio il brano.

Ad esempio, con Elisa abbiamo scelto di introdurre la fisarmonica suonata da lei che, insieme alla chitarra acustica e al video girato in una Roma Trasteverina, ha collocato il brano in un’epoca indefinita. Questo è stato davvero divertente, ci sembrava quasi di suonare uno stornello romano nei quartieri di Roma mentre giravamo il video. Trovo quindi le collaborazioni sempre belle e le contaminazioni sempre positive.

Il tuo ultimo singolo è Mattinieri del tempo, descrivilo usando tre aggettivi.

Audace, provocatorio, liberatorio.

Come in ogni tua canzone, anche in questo brano vuoi far riflettere su un problema sociale importante. In questo caso è la svalutazione della moneta che ha portato la maggior parte della gente a voler guadagnare di più. Come colleghi questo tema al titolo del brano?

È un titolo visionario, evocativo se vogliamo. La sensazione che mi genera il vedere i “mattinieri del tempo” sgomitare, prevaricare, calpestare, ingannare per arrivare al potere cercando scorciatoie a discapito del prossimo mi evoca questa frase.

Le scorciatoie sono lecite, ben vengano, ma mai calpestando il prossimo. La mancanza di rispetto, l’io esagerato, manifestazione di questi anni di maturazione dei social network mi evocano questo appellativo, un po’ come una visione ai tempi nostri della strofa di Luca Carboni “chi per poterti fregare ha imparato a studiare”.

Amo chi si alza la mattina presto per cercare di sbarcare il lunario o solo per migliorarsi nel lavoro, aborro chi lo fa come unico sforzo al fine di avere un pretesto per arrivare prima invece di perfezionarsi, lavorare sodo e così via. Questo materializza, nel mio immaginario, la frase “mattinieri del tempo”.

Purtroppo, devo dire che in questi anni, e lo dico con immenso rammarico, quando si pensa ad una figura del genere si materializza spesso la figura di un politico, l’assenteismo alle votazioni ne è una prova.

Secondo te quali sono i colpevoli di questa situazione odierna nella società contemporanea?

La vita insegna che i colpevoli sono spesso da entrambe le parti, magari non con eguali colpe ma commensurate alle responsabilità che ognuno di noi ha.

I giovani stanno subendo scelte sbagliate del passato, inquinamento, economia, sanità, istruzione, degrado sociale, ma a loro volta per essere solo vittime devono provare ad innescare un cambiamento a partire dai piccoli gesti quotidiani, altrimenti sono anche, loro malgrado, parte del problema.

Non basta identificare e riconoscere il problema, bisogna avere la volontà di risolverlo. Ognuno gioca con le carte che ha, e in questa mano loro hanno queste carte in mano, i figli della Seconda guerra mondiale ne avevano di diverse e così via.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Sto pianificando un viaggio in oriente di circa un mese per ritemprare la mia anima a volte soffocata e trascurata da uno stile di vita, mio malgrado, occidentale.

Di ritorno lavorerò ad una collaborazione che è già nell’aria, un draft che sono certo trarrà molta ispirazione dalle “correnti orientali”.


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