Intervista a Daniele Fortunato

Daniele Fortunato

Daniele Fortunato è un cantautore di origini piemontesi che si è trasferito in Romagna. Nel corso della sua carriera ha composto musiche per il mondo televisivo ed è arrivato a condividere il palco con un grande artista come Mogol. Recentemente ha pubblicato il suo ultimo lavoro discografico, Alla radice dei sogni.

In questa chiacchierata abbiamo parlato delle regioni che sono state importanti nella sua vita, dell’esperienza come musicista in televisione, dei concorsi a cui ha partecipato e di molto altro!


Ciao e benvenuto! Tu sei nato in Piemonte ma poi ti sei trasferito in Romagna. Senti che queste due regioni abbiano influenzato la tua musica?

Ciao! Grazie per l’opportunità! In qualche modo sì. La città di Novara dove sono nato e cresciuto, come luogo e atmosfera non mi ha mai trasmesso “vibrazioni” particolarmente stimolanti, ma i miei primi passi musicali, le band dell’adolescenza, gli amici musicisti, i concorsi, i primi palchi, li ho tutti vissuti lì, così come le storie e le melodie di parecchi brani che ho scritto.

Rimini e l’Emilia Romagna hanno contribuito notevolmente ad una maturazione e ad una rinascita del mio stile compositivo. Amo le mille sfaccettature del territorio romagnolo: i colli, le spiagge, le rocche, i borghi. Ogni singolo luogo, soprattutto i meno noti, ha influenzato il mood delle mie canzoni più recenti.  Ho collaborato con diversi musicisti del posto da quando vivo qui, e questo mi ha dato la possibilità di sperimentare sia dal vivo che in studio sonorità sempre diverse.

Hai composto musiche per dei programmi televisivi. Come ci si sente ad arrivare al mondo televisivo?

Ci sono arrivato per una volontà precisa di un periodo della mia vita, ma ho sempre vissuto questo aspetto come un complemento. Nutrivo il desiderio di far “trovare casa” ad alcuni miei brani strumentali. Ho inviato quelli che ritenevo più adatti al settore delle sincronizzazioni, e nel corso del tempo qualcuno ha trovato spazio (Disney Channel, La7…)

Ma non è il mio mondo, ci sono professionisti che in questo campo sono dei giganti. Mi sono semplicemente ritagliato un’opportunità, ma continuo a ritenermi uno scrittore di canzoni da cantare: parole e musica.

Nel 2018 arrivi in semifinale al Premio Augusto Daolio con il brano Barone Rampante. Da dove nasce la scelta di dedicarlo all’omonimo romanzo di Italo Calvino?

Dopo una rilettura di quel meraviglioso libro senza tempo di Calvino, ho deciso di condensarne il messaggio in una canzone.  La salita sugli alberi di Cosimo ha fatto riemergere in me una miriade di ricordi e sensazioni chiuse a chiave da un po’.

È una canzone omaggio, un invito alla lettura. L’ho pubblicata fuori da ogni meccanismo di promozione, ma la magia del web l’ha fatta comparire nelle ricerche di un docente e blogger colombiano che mi ha scritto privatamente per manifestarmi il suo apprezzamento. In quest’epoca segnata solo dai grandi numeri social, dalle views e dai followers, questo piccolo accaduto non ricercato, ha significato molto.

Daniele Fortunato

Ad agosto 2021 condividi il palco con Mogol e gli artisti dell’associazione RisuonaRimini per il concerto omaggio ai suoi 50 anni di carriera. Cosa ricordi di quell’esperienza?

Ricordo la soggezione. Si usciva fuori da un inverno di restrizioni, e invece che ritornare a scaldare i motori in un locale, mi sono ritrovato proiettato su un palco enorme per tributare la carriera di uno degli autori più importanti della storia della canzone…con lui presente sul palco!

Abbiamo cercato di rendere il più possibile eterogenea la scaletta, sia rispetto alle diverse tessiture vocali di noi cantanti, sia per spaziare tra i tanti artisti per i quali ha scritto (Lucio Battisti, Adriano Celentano, Mina, Patty Pravo, Equipe 84, Riccardo Cocciante, Massimo Ranieri, Dik Dik…). È stata una di quelle esperienze che si possono definire formative: tenuta del palco, coinvolgimento di un pubblico numeroso, collaborazione con molti musicisti, e soprattutto…capacità di memorizzare i testi di canzoni storiche cercando di non sbagliarli proprio davanti a chi li ha scritti!

Il tuo ultimo album è Alla radice dei sogni. Quanto è importante per te il mondo dei sogni?

Ho un profondo legame, fin dall’infanzia, con il mondo onirico. Prendo quotidianamente appunti, per fissare le immagini a volte criptiche, a volte nitide, dei miei sogni, anche quelli più angoscianti. Dentro questi viaggi si fanno strada particolari apparentemente insignificanti ma che spesso hanno bisogno di una rilettura.

Ogni canzone contenuta nel disco è uno sguardo su un sogno, recente, ricorrente, o del passato. Con questo progetto ho provato a rendere questi sogni cantabili e in un certo senso, visibili.

Il singolo Archetipi tipici racconta dei simboli che risiedono nella psiche di ogni persona. Li hai rappresentati attraverso uno scioglilingua, come mai questa scelta?

Questo testo, pieno di assonanze e consonanze, e di 37 sillabe “ci” che si incastrano e si rincorrono tra loro e nato mentre correvo una domenica mattina al parco. È stato un allenamento anomalo, interrotto continuamente dal bisogno di scrivere le frasi delle strofe cercando di giocare con la struttura delle parole senza perdere l’obiettivo della canzone: descrivere ciò che condiziona i nostri pensieri, le esperienze collettive ripetute continuamente da generazioni.

Lo psicanalista Carl Yung definiva gli archetipi “forme istintive di rappresentazione mentale”. Queste rappresentazioni si sviluppano in una rete intricata. Lo scioglilingua che si trova nelle strofe descrive questa rete; la melodia e l’apertura del ritornello possiamo identificarle con la liberazione da questi schemi.

Risvegli racconta di una relazione lontana sospesa nel tempo. Un sentimento così profondo che rimane ancora nella mente una volta avvenuto il risveglio. A te è mai successo?

Certamente. Con Risvegli provo a delineare la fotografia di un sentimento passato, la danza di una persona amata nel tempo trasognato dei banchi di scuola. Non racconto nello specifico una relazione, ma la cristallizzazione di un ricordo, di un’idea, di un “quadro lasciato incompiuto”.

Nuvole bianche si focalizza sull’elaborazione del lutto, dove si trova la melodia più cantabile del disco. Credi che la musica aiuti le persone ad affrontare la perdita di una persona cara?

Il tema della perdita è troppo complesso e doloroso per essere affrontato in pochi minuti. Questa canzone è un canto d’amore leggero, il ricordo dei pomeriggi d’estate a cercare forme nelle nuvole bianche. “Ovunque sei, ti capirei” è un passaggio del testo di accettazione della tristezza, la volontà di tornare ad essere sensibili nell’insostenibile.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Sto scrivendo nuove canzoni, ma devo ancora capirne la direzione. Sicuramente mi piacerebbe progettare un tour per questo album, ma su questo fronte, è ancora tutto incerto e indefinito. Mi auguro che la primavera porti con sé un po’ di splendore.


Segui Daniele Fortunato su
FacebookInstagram