Intervista ai Kabirya

Kabirya

I Kabirya sono una band originaria di Piacenza, la cui musica nasce dalla sonorità rock degli anni 90 e 2000 unita alle influenze elettroniche. Il nome del gruppo arriva dal mondo del cinema. In Chiaroscuro è il loro primo album uscito nell’estate 2021.

In questa chiacchierata abbiamo parlato del nome della band, delle canzoni del disco come Visage Gendarme (la pazzia giustifica i mezzi), dei loro prossimi progetti e di molto altro!


Ciao e benvenuti! Il nome del vostro gruppo è nato da un personaggio femminile presente in due pellicole cinematografiche, “Cabiria” di Giovanni Pastrone e “Le notti di Cabiria” di Federico Fellini. Come mai poi avete scelto di trasformarlo in Kabirya?

Cabiria è un nome molto raro in Italia, rievoca un’originalità pura legata a questa storia cinematografica. Forse riprendere direttamente lo stesso termine che da il titolo a queste due pellicole così celebri, non ci sembrava la scelta più adatta. Abbiamo quindi preferito renderlo nostro e in un certo senso “internazionalizzarlo”. Anche per chi in epoca globale potesse entrare in contatto con la nostra musica dall’estero.

Il vostro disco d’esordio è In Chiaroscuro. La vostra musica è chiara o scura?

Le sfumature sono parte della nostra musica, si alternano fra ritmo e melodia. Creano un connubio armonico altalenante e rendono i pezzi sempre eterogenei nella propria struttura e suono. Quindi la risposta è: la nostra musica è sia chiara che scura, sia nera che bianca, quasi “opportunista”. Poiché cambia senza seguire schemi o regole, ma varia in base all’atmosfera che vuole creare. Nelle nostre canzoni si può ritrovare un messaggio di speranza e luce che emerge dalle storie dalle tonalità scure che raccontiamo e che, in un certo senso, viviamo sulla nostra pelle. È un rincorrersi di saloni luminosi e soffitte buie, in cui l’ascoltatore può ritrovarsi e decidere se restare o meno.

Sono molti i riferimenti al mondo del cinema nella vostra musica, come mai questo continuo collegamento con l’arte della pellicola?

Non pensiamo di essere dei veri esperti di cinema e nemmeno dei super appassionati, ma l’arte cinematografica ha il potere di sorprendere e fornire spunti davvero affascinanti. Così come la letteratura, il nostro incontro con la pellicola è stato quasi casuale o “incitato” dalle vecchie care abitudini scolastiche.

Il cinema, come la musica d’altronde, si compone di immagini, ma anche di suoni e di colori, che permettono di prendere la realtà e trasformarla in visione. Rendendola in un certo senso più vivibile. Il disco in questo caso, si pone un po’ come una pellicola: una serie di immagini, visioni e contrasti che si susseguono, mostrando come piccoli frammenti, la nostra identità. Lo stato delle cose di Wim Wenders, il fil rouge dell’album, definisce non solo la parte più lirica. Ma anche il modo di comporre musica, in cui il bianco e il nero non sono solo un punto di partenza, ma parte integrante del disco.

Kabirya

Nel disco è presente una cover dei Diaframma, Siberia. Perché avete scelto di inserire una canzone rivisitata nel vostro album?

I Diaframma sono un gruppo del quale in Italia dovremmo andare molto fieri. Il panorama nazionale che abbiamo ereditato dagli anni passati è veramente ricco e questo brano per noi (e non solo per noi) rappresenta un vero capolavoro come il disco omonimo. Non si sente spesso in giro purtroppo e anche questa ragione ci ha motivato a dedicargli un nostro personale tributo, sempre tenendo fede al nostro stile. Siberia è un pezzo che abbiamo sempre portato con noi nei live e che si sposa perfettamente anche con le tematiche dell’album. È stata anche una possibilità per sperimentare e confrontarsi con suoni elettronici i quali ci permettono di creare un’atmosfera originale senza uscire troppo dal seminato di Fiumani & co.

Un brano che mi ha colpito è Visage Gendarme (la pazzia giustifica i mezzi). Come è nato?

Nasce da una riflessione su un fatto accaduto ormai 2 anni fa a Parigi, in cui un poliziotto in una gendarmeria vicina alla cattedrale di Notre Dame si è suicidato dopo aver ucciso alcuni colleghi a coltellate. Era un periodo di scontento generale in Francia per i poliziotti, e una delle spiegazioni all’atto era che l’individuo fosse impazzito a causa delle condizioni in cui si ritrovava a lavorare, ecco perché il sottotitolo la pazzia giustifica i mezzi. La canzone però non è un discorso sulle forze dell’ordine, ma sull’ordine stesso che in un certo senso ti porta ad essere solo quello che più si confà ad esso, vittima o carnefice a seconda della situazione, facendoti scordare chi tu sia realmente.

La Francia in questo caso è solo il luogo dove è successo il fatto, la riflessione è ben più ampia, così come il discorso non si ferma solo all’agente di polizia, ma anche a chi subisce le azioni gravi e senza alcuna logica di queste persone stravolte da un sistema bestiale e opprimente.

Nei brani Von Dutch e La voce affrontate il tema dell’ambiguità delle persone moralmente smarrite e la loro abilità a disorientarti. A voi è mai capitato di incontrare persone del genere?

Oltre che moralmente smarrite, si tratta anche di persone che nella loro fragilità si credono in qualche modo superiori ad altre, che si autoalimentano con morali e convinzioni false, ma che comunque alla fine non sono altro che ipocriti che verranno piegati in qualche modo dagli eventi. Purtroppo è un “tipo” umano, se così possiamo chiamarlo, molto comune e lo si incontra spesso a partire fin dai libri di storia per arrivare alla vita di tutti i giorni, come se parlassimo di un vicino di casa o un compagno di banco. In queste canzoni vi è una sorta di monito, ossia che troppa consapevolezza e autosuggestione, portino immancabilmente a bruciare in fretta, con il rischio di ritrovarsi ancora una volta ad essere i veri “perdenti”.

Quali sono i vostri prossimi progetti?

Stiamo promuovendo il nostro disco per il momento, sui palchi e attraverso la stampa, offline ed online; per ora resta questo il nostro primo compito da portare avanti, vogliamo dargli tutto il valore che secondo noi merita. Ma non nascondiamo che dai mesi passati stanno nascendo nuovi brani, nuove opportunità e di sicuro vogliamo cogliere le nuove sfide del futuro, sempre accanto ai nostri “punti fissi” ovvero la nostra etichetta Orzorock Music e lo studio Giardini Sonori di Piacenza dove abbiamo prodotto il disco.


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