Intervista a ULULA & LaForesta

ULULA & LaForesta

ULULA & LaForesta sono una realtà molto interessante che arriva da Verona, una città che offre sempre bellissime scoperte musicali. La band si è fatta conoscere grazie al progetto legato al singolo Poveri noi nato per aiutare le popolazioni della Bosnia Erzegovina.

In questa chiacchierata abbiamo parlato della nascita della band, dei ricordi legati ai concerti, dell’esperienza a Musicultura, del loro disco Poveri noi e di molto altro!


Ciao e benvenuti! Il vostro progetto è nato nel 2016 quando Ulula incontra i membri della Foresta. Come mai questa similitudine che ricorda un ululato di un lupo nella foresta?

Io (Ulula) nasco come chitarrista e da ragazzino come seconda voce nelle band, provavo ad emulare le grandi voci del rock. Le ottave da “prendere” erano molto alte e il risultato della mia voce era più un ululato che altro. LaForesta direi che ha un valore simbolicamente coerente. In realtà poi è esattamente quello che succede, quello che scrivo riverbera grazie a LaForesta ne LaForesta.

Da subito arrivano i primi palchi come il MonigArt Festival, l’evento FAI al Tempio del Lazzaretto di Verona e a Mantova per Radio Pico. Qual è il ricordo più bello che conservate dei primi concerti?

Un concerto molto bello, a cui siamo molto legato fu a Rimini. Una delle 15 date fatte in poco più di un mese, che diventò un tour: ESTATE POVERA. Alla data di rimini suonammo letteralmente sulla sabbia a 2 metri dall’acqua, riuscimmo a montare tutto attaccati ad un generatore, luci comprese. Fu magia.

ULULA & LaForesta

Nel 2020 arriva il premio Musicultura come miglior performance. Vi sareste mai aspettati un traguardo del genere?

Non siamo molto legati ai premi, non abbiamo mai vinto nulla, e non credo che si tratti di vincere o perdere, ma nemmeno di riconoscere. L’arte è diventata un settore, forse dovevamo fermarci prima, quando non si deve vivere d’arte ma per l’arte. Perché dare il peso della nostra vita? Dell’affitto? Dei bisogni più materiali? Dovrebbe essere più libera. Per questo, in tutta onestà, vincere o meno non ha importanza, ne riconosciamo comunque il valore. Musicultura è una bellissima realtà e le saremo sempre grati.

Poveri noi è un disco che mi ha colpito dal primo ascolto. Mi ero già innamorata del singolo omonimo che racconta la fortuna di noi occidentali che abbiamo tutto. Un confronto crudo con una situazione difficile come quella della Bosnia Erzegovina. Come è nata quest’idea?

Volevamo lasciare qualcosa di più, della musica stessa. Con Nicola Veronesi abbiamo partorito questa idea, abbiamo sempre operato nel volontariato, è una cosa a cui tengo molto, e assieme alle associazioni: One bridge to Idomeni e U-pokretu, abbiamo realizzato questo scambio, una raccolta fondi per sostenere il centro culturale di Bihac in Bosnia e pianificato la possibilità di un laboratorio artistico, sempre a Bihac, che dia una possibilità di scambio e confronto con i giovani del luogo.

Il disco è un lavoro interessante, a partire della copertina. Che significato hanno quei disegni rappresentati?

Il disco ha un valore molto spirituale per noi. Assieme ai ragazzi di boredomstudio, abbiamo pensato che l’immagine più rappresentativa fosse una riunione di simboli, quasi una dichiarazione religiosa. Il sole centrale rovescia l’equilibrio di bene e male: nel bene c’è molto male, nel male c’è poco bene. I simboli sottostanti sono rappresentativi delle tematiche presenti nei testi. La statuetta a doppia faccia è in riferimento a la prima traccia del disco: Due che come me. Vi lascio solo con questo esempio il resto lasciamo all’immaginazione di ognuno. Di chi ascolterà. Di chi osserverà.

Moderno – opera prima è una traccia che mi ha lasciato senza parole, è una rappresentazione molto potente dell’uomo moderno. Cosa significa quell’ “opera prima”?

Il concetto di moderno è per me senza fine. Oggi siamo la cosa più innovativa e allo stesso tempo se ci proiettiamo in avanti saremo di gran lunga superati. È un circolo infinito siamo antichi e moderni allo stesso tempo. Il concetto di moderno divora sé stesso. Continuamente. “Opera prima” perché secondo quanto detto prima, moderno oggi, ma serviranno altre opere per mantenerlo vivo.

Sulle spalle dei giganti è un’altra canzone che mi ha colpito. Qual è la storia che l’ha ispirata?

Sulle spalle dei giganti è nata in viaggio. Nell’estate del 2020 ho percorso 4.000 km con bici e tenda, seguendo tre grandi fiumi: Loira, Reno e Danubio. Un viaggio che mi ha permesso di tagliare l’Europa a meta da ovest ad est, passando attraverso: Francia, Svizzera, Germania, Austria, Slovacchia, Ungheria, Slovenia. Ho incontrato fiumi e fiumi di persone di culture di modi di fare, tutto questo da sulle spalle dei giganti.

Quali sono i vostri prossimi progetti?

Ora stiamo pianificando i live, questa è la priorità oltre ad essere la cosa che ci riesce meglio. Ci sono delle date in arrivo e siamo molto contenti ma ne servono di più, non per noi; per il disco. Quello che c’è dentro va restituito a tutto e tutti quelli che ce l’hanno dato, e per farlo dobbiamo fare tanta strada.


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